Deposito del 22-06-2012 (dalla 158 alla 158)

 

 

 

 

 

S.158/2012 del

18/06/2012

Udienza Pubblica del 05/06/2012, Presidente QUARANTA, Redattore SILVESTRI

 

Norme impugnate: Artt. 2, c. 7°, 7, c. 1°, 8, c.

2° e 26, c. 2°, della legge della Regione Piemonte 11/07/2011, n. 10.

 

 

Oggetto: Agricoltura - Norme della Regione Piemonte - Valorizzazione delle produzioni agroalimentari - Istituzione di un "Marchio di valorizzazione" - Approvazione ad opera della Giunta regionale dei relativi regolamento e manuale d'uso, al fine di richiederne la preventiva registrazione presso l'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi e presso l'Ufficio Armonizzazione Mercato Interno; Previsione che la Regione possa autorizzare l'Agenzia Regionale per le Erogazioni in Agricoltura (ARPEA) ad erogare anticipazioni sui contributi relativi al Regime di pagamento unico previsto dalle norme comunitarie - Previsione che l'anticipazione costituisca aiuto in regime de minimis - Contrasto con la normativa comunitaria;

 

Ambiente - Caccia - Protezione della

fauna selvatica omeoterma e prelievo venatorio - Interventi di contenimento straordinari - Attribuzione alla Giunta regionale del potere di definire annualmente l'elenco delle specie animali oggetto di controllo straordinario per le esigenze ambientali, di gestione del patrimonio zootecnico, di tutela del suolo e delle produzioni zootecniche ed agroforestali, e per la prevenzione dei rischi a persone e cose - Previsione che le Province, approvati i piani di contenimento, autorizzino alcuni cacciatori nominativamente individuati a realizzare i predetti piani - Contrasto con la normativa statale di riferimento attuativa di norme comunitarie;

 

Ambiente - Gestione dei rifiuti -

Previsione che la Giunta regionale possa consentire ai comuni montani ed ai comuni ad alta marginalità con popolazione inferiore ai 1.500 abitanti una deroga al raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata, stabilendo criteri e modalità - Contrasto con la normativa statale di riferimento che richiede necessariamente l'autorizzazione ministeriale.

 

Dispositivo: illegittimità

costituzionale - cessata materia del contendere Atti decisi: ric.

93/2011

 

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SENTENZA N. 158

 

ANNO 2012

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL

POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di

legittimità costituzionale degli articoli 2, comma 7, 7, comma 1, 8, comma 2, e 26, comma 2, della legge della Regione Piemonte 11 luglio 2011, n. 10 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria per l’anno 2011), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 9 settembre 2011, depositato in cancelleria il 15 settembre 2011, ed iscritto al n. 93 del registro ricorsi 2011.

 

Visto

l’atto di costituzione della Regione Piemonte;

 

udito nell’udienza

pubblica del 5 giugno 2012 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;

 

 

uditi l’avvocato dello Stato Alessandro De Stefano per il Presidente

del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giovanna Scollo per la Regione

Piemonte.

 

Ritenuto in fatto

 

1.— Con ricorso notificato il 9

settembre 2011 e depositato il successivo 15 settembre, il Presidente

del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura

generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità

costituzionale degli articoli 2, comma 7, 7, comma 1, 8, comma 2, e 26,

comma 2, della legge della Regione Piemonte 11 luglio 2011, n. 10

(Disposizioni collegate alla legge finanziaria per l’anno 2011), per

violazione degli artt. 3, 117, commi primo e secondo, lettera s), e

120, primo comma, della Costituzione.

 

1.1.— La difesa dello Stato

richiama il contenuto delle disposizioni impugnate e quindi espone gli

argomenti a sostegno delle relative censure.

 

1.2.— L’art. 2 della

legge reg. Piemonte n. 10 del 2011, rubricato «Valorizzazione delle

produzioni agroalimentari», prevede, al comma 7, che la Regione

istituisca un marchio di valorizzazione al fine di realizzare gli

obiettivi fissati nel comma 1, e cioè promuovere «la produzione, la

commercializzazione e la valorizzazione dei prodotti agroalimentari

destinati all’alimentazione umana con specificità di processo e di

prodotto, aventi caratteristiche qualitativamente superiori rispetto

alle norme di commercializzazione o ai requisiti minimi stabiliti dalla

normativa comunitaria e nazionale vigente», e per «valorizzare i

prodotti agroalimentari afferenti ai sistemi di qualità comunitari e

nazionali prodotti nel proprio territorio». La disposizione stabilisce

altresì che il relativo regolamento e il manuale d’uso saranno

approvati con atto della Giunta regionale, al fine di richiedere la

preventiva registrazione del marchio presso l’Ufficio italiano brevetti

e marchi e presso l’Ufficio di armonizzazione del mercato interno.

 

 

1.2.1.— Secondo il ricorrente la norma impugnata sarebbe incompatibile

con gli artt. 40-42 [recte: 34-36] del Trattato sul funzionamento dell’

Unione europea (TFUE), i quali sanciscono il principio della libera

circolazione delle merci nel mercato interno, e si porrebbe pertanto in

contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost. Allo stesso tempo, la

norma violerebbe l’art. 120, primo comma, Cost., il quale vieta l’

adozione di provvedimenti che ostacolino in qualunque modo la libera

circolazione delle cose tra le Regioni.

 

In particolare, le norme

comunitarie evocate non consentirebbero agli Stati membri di regolare o

applicare misure di marcatura di origine delle merci, siano esse marchi

obbligatori o volontari, in quanto ciò potrebbe ostacolare gli scambi

intracomunitari. È richiamata la sentenza 5 novembre 2002 della Corte

di giustizia dell’Unione europea, in causa C-325/00, Commissione delle

Comunità europee contro Repubblica federale di Germania, in cui si

trova affermato che un sistema di marcatura, pur se facoltativo, quando

sia imputabile ad un’autorità pubblica determina un effetto

potenzialmente restrittivo sulla libera circolazione delle merci tra

gli Stati membri, posto che l’uso del marchio «favorisce, o è atto a

favorire, lo smercio dei prodotti in questione rispetto ai prodotti che

non possono fregiarsene».

 

Sarebbe pertanto evidente, a parere dell’

Avvocatura generale dello Stato, la violazione del parametro che impone

il rispetto dei vincoli fissati dall’ordinamento dell’Unione europea,

nonché di quello che tutela la libertà degli scambi tra le Regioni.

 

 

1.3.— L’art. 7 della legge reg. Piemonte n. 10 del 2011, rubricato

«Anticipazione sui contributi relativi al Regime di pagamento unico

previsto dai capitoli 1, 2, 3 e 4 del Titolo III del Regolamento (CE)

73/2009», stabilisce, al comma 1, che la Regione può autorizzare l’

Agenzia regionale per le erogazioni in agricoltura (ARPEA) ad erogare

anticipazioni sui contributi come sopra indicati «nel rispetto dei

principi e delle regole di cui al Regolamento (CE) 1290/2005 ed al

Regolamento (CE) 1122/2009». Al comma 2 dello stesso art. 7 è precisato

che «la Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente,

definisce con proprio atto l’entità e le modalità dell’anticipazione»,

e al comma 3 è previsto che «l’eventuale aiuto derivante al

beneficiario è da considerarsi aiuto in regime de minimis ai sensi del

Regolamento (CE) 1535/2007».

 

1.3.1.— La norma regionale, a parere

della difesa dello Stato, sarebbe incompatibile con la disciplina

contenuta nell’art. 29, paragrafo 4, del regolamento (CE) 19 gennaio

2009, n. 73/2009 [Regolamento del Consiglio che stabilisce norme comuni

relative ai regimi di sostegno diretto agli agricoltori nell’ambito

della politica agricola e istituisce taluni regimi di sostegno a favore

degli agricoltori, e che modifica i regolamenti (CE) n. 1290/2005, (CE)

n. 247/2006, (CE) n. 378/2007 e abroga il regolamento (CE) n.

1782/2003]. La disposizione regolamentare citata prevede infatti che,

in deroga al regime fissato nel paragrafo 2, secondo cui l’erogazione

dei pagamenti diretti può avvenire a partire dal 1° dicembre dell’anno

di presentazione della domanda e fino al 30 giugno dell’anno

successivo, la Commissione può autorizzare l’anticipazione dei

pagamenti, previo esame del comitato di gestione dei pagamenti diretti,

secondo la procedura di cui all’art. 141, paragrafo 2, del medesimo

regolamento.

 

L’anticipazione dei pagamenti nell’ambito del regime di

sostegno comunitario trova giustificazione nel riconoscimento, da parte

della Commissione, di situazioni eccezionali che abbiano causato agli

agricoltori difficoltà finanziarie, esigendo comunque la previa

verifica della sussistenza delle condizioni di ammissibilità della

richiesta di aiuto, come precisato al paragrafo 3 del citato art. 29.

 

 

Il legislatore regionale, prosegue l’Avvocatura generale dello Stato,

avrebbe previsto le anticipazioni dei pagamenti oltre e al di fuori

delle condizioni tassativamente indicate dal regolamento (CE) n.

73/2009, con conseguente violazione dell’art. 117, primo comma, Cost.

 

 

Sarebbe inoltre violato il principio di uguaglianza, poiché gli

agricoltori piemontesi verrebbero a beneficiare di aiuti che, a parità

di condizioni, sono inibiti agli agricoltori residenti nelle altre

Regioni del Paese.

 

1.4.— L’art. 8, comma 2, della legge reg. Piemonte

n. 10 del 2011 introduce l’art. 29-bis nella legge della Regione

Piemonte 4 settembre 1996, n. 70 (Norme per la protezione della fauna

selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio). La nuova

disposizione, rubricata «Interventi di contenimento straordinari»,

prevede al comma 1 che la Giunta regionale, «sentita la commissione

consiliare competente, per le esigenze ambientali, di gestione del

patrimonio zootecnico, la tutela del suolo, delle produzioni

zootecniche ed agroforestali, la prevenzione dei rischi a persone e

cose, definisce annualmente l’elenco delle specie oggetto di controllo

straordinario». Il medesimo art. 29-bis, ai commi 2 e 3, stabilisce che

le Province approvano piani di contenimento delle specie inserite nel

citato elenco e autorizzano allo scopo l’intervento di cacciatori

nominativamente indicati dai comitati di gestione degli ATC (Ambiti

territoriali di caccia) e dei CA (Comprensori alpini) competenti per

territorio.

 

1.4.1.— Il ricorrente osserva come la citata

disposizione, intervenendo in materia di contenimento di specie

animali, abbia rimesso alle Province la redazione dei relativi piani,

con il parere dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca

ambientale (ISPRA), ed in considerazione di finalità generiche, quali

sono il «raggiungimento del livello compatibile con le caratteristiche

ambientali», ovvero «le esigenze di gestione del patrimonio

zootecnico», o ancora «la prevenzione dei rischi a persone e cose».

 

 

Tale disciplina si porrebbe in contrasto con la normativa statale di

riferimento, che a sua volta rientra nella materia della tutela dell’

ambiente e dell’ecosistema, di competenza esclusiva dello Stato ai

sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., e pertanto non

derogabile dalle Regioni.

 

In particolare, la difesa statale osserva

come la disposizione regionale riguardi gli animali selvatici

predatori, per i quali è previsto un regime di protezione rigoroso che

discende dalla direttiva 21 maggio 1992, n. 92/43/CEE (Direttiva del

Consiglio relativa alla conservazione degli habitat naturali e

seminaturali e della flora e della fauna selvatiche), recepita con il d.

P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della

direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali

e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche).

 

Ai

sensi dell’art. 11 del medesimo d.P.R. n. 357 del 1997, i programmi di

contenimento delle specie animali indicate nell’allegato D possono

essere autorizzati dal Ministro dell’ambiente e della tutela del

territorio e del mare, a seguito del parere del Ministro per le

politiche agricole e dell’ISPRA, soltanto in assenza di soluzioni

alternative. Inoltre, in termini analoghi a quanto avviene per i

prelievi in deroga, l’intervento di controllo della fauna selvatica

«deve essere attuato valutando ogni singolo caso ed a seguito di

analisi delle problematiche e dei motivi che giustificano la deroga», a

condizione che non sia pregiudicato il mantenimento delle popolazioni

della specie interessata, nella relativa area di distribuzione

naturale. Le deroghe, infine, devono perseguire le finalità previste

all’art. 11, primo comma, lettere da a) ad e), del d.P.R. n. 357 del

1997.

 

L’Avvocatura generale dello Stato evidenzia come la norma

regionale impugnata, invece, restringa gli interventi di contenimento

alle sole specie animali indicate nell’elenco redatto annualmente dalla

Regione, in tal modo potendo impedire, irragionevolmente, l’attuazione

di «interventi che si rendessero necessari per esigenze di carattere

straordinario, riguardanti altre specie non comprese nell’elenco».

Sotto diverso profilo, risulterebbe in contrasto con la disciplina

statale l’attribuzione alle Province della competenza a redigere i

piani di contenimento, senza il parere del Ministero per le politiche

agricole e sulla base di criteri generici, che non rispettano le

condizioni rigorose indicate nel citato art. 11 del d.P.R. n. 357 del

1997.

 

1.5.— Infine, l’impugnato art. 26, comma 2, della legge reg.

Piemonte n. 10 del 2011, ha inserito il comma 5-bis dopo il comma 5

dell’art. 13 della legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24

(Norme per la gestione dei rifiuti), prevedendo che, con provvedimento

della Giunta, sentita la commissione consiliare competente, può essere

disposta la deroga al raggiungimento degli obiettivi di raccolta

differenziata, per i Comuni montani e per quelli ad alta marginalità

con popolazione inferiore a 1.500 abitanti.

 

La difesa statale ritiene

che la disposizione regionale si ponga in contrasto con l’art. 117,

secondo comma, lettera s), Cost., in quanto incompatibile con la

disciplina statale, contenuta nell’art. 205, comma 1-bis, del decreto

legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), in

tema di deroghe al raggiungimento dei predetti obiettivi.

 

La norma

statale citata prevede, infatti, che i Comuni interessati debbano

avanzare la richiesta di deroga al Ministro dell’ambiente e della

tutela del territorio e del mare, il quale può autorizzare la deroga

previa stipula di un accordo di programma tra lo stesso Ministero, la

Regione e gli enti locali interessati.

 

Le Regioni non sarebbero

dunque legittimate a consentire deroghe in assenza di autorizzazione

ministeriale, e conseguentemente le disposizioni regionali difformi

dalla norma richiamata come parametro interposto risulterebbero

illegittime, in quanto invasive della competenza statale esclusiva in

materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.

 

2.— Con atto

depositato il 21 ottobre 2011, si è costituita in giudizio la Regione

Piemonte, in persona del Presidente pro tempore, ed ha chiesto che il

ricorso sia respinto.

 

2.1.— La difesa regionale esamina la censura –

prospettata in riferimento agli artt. 117, primo comma, e 120, primo

comma, Cost. – avente ad oggetto l’art. 2 della legge reg. Piemonte n.

10 del 2011, che istituisce il marchio di valorizzazione dei prodotti

agroalimentari, osservando come non sia pertinente il richiamo alla

sentenza della Corte di giustizia, 5 novembre 2002, in causa C-325/00,

Commissione delle Comunità europee contro Repubblica federale di

Germania.

 

La fattispecie sottoposta nell’occasione alla Corte di

Lussemburgo, in realtà, riguardava l’istituzione di un ente di diritto

pubblico di gestione dei finanziamenti volti ad orientare l’interesse

generale del settore agroalimentare tedesco, laddove la disposizione

regionale oggi impugnata si limita a definire la zona di provenienza

dei prodotti agroalimentari.

 

Secondo la Regione Piemonte

sussisterebbe, invece, analogia tra l’odierna questione e quella decisa

dalla sentenza n. 213 del 2006 della Corte costituzionale, concernente

una norma della Regione Abruzzo che prevedeva misure di promozione del

prodotto ittico locale. In particolare, precisa la resistente, la

sentenza citata avrebbe precisato che la previsione di misure per la

promozione di certificazione di qualità di prodotti del territorio

regionale non viola l’art. 117, primo comma, Cost., trattandosi di

misure di sostegno ad attività economica localizzata sul territorio

stesso.

 

2.2.— Risulterebbe priva di fondamento, a parere della difesa

regionale, anche la censura prospettata in riferimento agli artt. 3 e

117, primo comma, Cost., avente ad oggetto l’art. 7, comma 1, della

legge reg. Piemonte n. 10 del 2011.

 

Con la predetta disposizione, in

ragione delle gravi difficoltà finanziarie provocate dalla crisi

economica, si è istituito un aiuto alle aziende agricole, finalizzato a

coprire il periodo necessario per l’erogazione del contributo

comunitario. L’aiuto è infatti finanziato con fondi regionali, è

calcolato sulla base del regime del pagamento unico di cui agli artt.

1, 2, 3 e 4 del Titolo III del regolamento (CE) n. 73/2009, e non

interferisce sulle procedure che saranno applicate dall’ARPEA nell’

ambito del predetto regime di sostegno comunitario.

 

La stessa difesa

precisa, inoltre, che il contributo regionale alle aziende agricole è

concesso in regime de minimis, ai sensi e per gli effetti del

regolamento (CE) 20 dicembre 2007, n. 1535/2007 (Regolamento della

Commissione relativo all’applicazione degli artt. 87 e 88 del trattato

CE agli aiuti de minimis nel settore della produzione dei prodotti

agricoli), e pertanto non ricade nel divieto previsto dall’art. 87,

paragrafo 1, del Trattato. Nella specie, non si tratterebbe di un

sostegno concesso ad imprese che abbiano conseguito nell’arco dei tre

anni fiscali aiuti de minimis di importo eccedente i 7.500,00 euro.

 

 

2.3.— Quanto alla censura, prospettata in riferimento all’art. 117,

secondo comma, lettera s), Cost., avente ad oggetto l’art. 8, comma 2,

della legge reg. Piemonte n. 10 del 2011, nella parte in cui introduce

l’art. 29-bis nella legge reg. Piemonte n. 70 del 1996, la difesa della

resistente evidenzia che la disposizione non riguarda gli animali

selvatici per i quali è previsto un programma speciale di protezione ai

sensi della direttiva 92/43/CEE, recepita dal d.P.R. n. 357 del 1997.

 

 

In ogni caso, prosegue la stessa difesa, l’intervento di contenimento

delineato dalla norma regionale impugnata avverrebbe nel rispetto delle

norme statali – è richiamato l’art. 19 della legge 11 febbraio 1992, n.

157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il

prelievo venatorio) – e comunitarie, presupponendo una valutazione

tecnico-scientifica da parte dell’ISPRA ed una preventiva verifica dei

metodi, in conformità con quanto già previsto dall’art. 29, comma 4,

della legge reg. Piemonte n. 70 del 1996.

 

2.4.— Non sussisterebbe

infine, a parere della Regione Piemonte, il prospettato contrasto tra

il comma 5-bis dell’art. 13 della legge reg. Piemonte n. 24 del 2002 –

introdotto dall’art. 26, comma 2, della legge reg. Piemonte n. 10 del

2011 –, e l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., tramite l’

interposizione dell’art. 205, comma 1-bis, del d.lgs. n. 152 del 2006.

 

 

La disposizione impugnata prevede che la Giunta regionale possa, a

determinate condizioni, consentire ai Comuni montani e a quelli ad alta

marginalità con popolazione inferiore ai 1.500 abitanti una deroga al

raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata, là dove la

normativa statale richiamata esige l’autorizzazione ministeriale,

previa stipula di accordo con la Regione e gli enti locali

interessati.

 

In realtà, secondo la difesa della resistente, posto che

gli obiettivi della raccolta differenziata sono oggetto di

programmazione a livello regionale, e che l’art. 205 del d.lgs. n. 152

del 2006 prevede il rispetto di percentuali minime di raccolta

differenziata da parte di ogni ambito territoriale ottimale, la

normativa statale consentirebbe alla Regione di agevolare i piccoli

Comuni, una volta che rimanga inalterata la percentuale complessiva di

raccolta differenziata riferita all’ambito territoriale di

appartenenza.

 

3.— In data 22 maggio 2012, la Regione Piemonte ha

depositato memoria con la quale ha formulato istanza di cessazione

della materia del contendere in riferimento alle questioni collegate ai

primi due motivi di ricorso, essendo state abrogate o modificate le

disposizioni oggetto di impugnazione.

 

In particolare, la difesa della

resistente ha evidenziato che con l’art. 39, commi 1 e 2, della legge

della Regione Piemonte 4 maggio 2012, n. 5 (Legge finanziaria per l’

anno 2012), è stato abrogato l’art. 2, comma 7, della legge reg. n. 10

del 2011, istitutivo del marchio di valorizzazione dei prodotti

agroalimentari regionali, ed è stato sostituito l’art. 7, comma 1, che

prevedeva la concessione di anticipazioni sugli aiuti comunitari in

favore delle imprese agricole regionali, con una disposizione che, allo

scopo, istituisce un aiuto in regime de minimis.

 

4.— All’udienza di

discussione, la difesa regionale ha ribadito la richiesta di

declaratoria di cessazione della materia del contendere con riguardo

alle questioni aventi ad oggetto gli artt. 2, comma 7, e 7, comma 1,

della legge reg. Piemonte n. 10 del 2011. Analoga richiesta è stata

formulata per la questione avente ad oggetto l’art. 8, comma 2, della

medesima legge, in ragione della intervenuta abrogazione, ad opera dell’

art. 40 della legge reg. Piemonte n. 5 del 2012, dell’intera legge reg.

Piemonte n. 70 del 1996, e dunque anche dell’art. 29-bis introdotto

dall’impugnato art. 8, comma 2.

 

La difesa regionale ha altresì

precisato che le indicate disposizioni regionali non hanno avuto medio

tempore applicazione.

 

Considerato in diritto

 

1.— Il Presidente del

Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale

dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli

articoli 2, comma 7, 7, comma 1, 8, comma 2, e 26, comma 2, della legge

della Regione Piemonte 11 luglio 2011, n. 10 (Disposizioni collegate

alla legge finanziaria per l’anno 2011), per violazione degli artt. 3,

117, primo e secondo comma, lettera s), e 120, primo comma, della

Costituzione.

 

2.— Preliminarmente, si deve rilevare che, in epoca

successiva alla proposizione del ricorso, la legge reg. Piemonte n. 10

del 2011 è stata oggetto di modifiche, come evidenziato dalla difesa

regionale con la memoria depositata nell’imminenza dell’udienza e

ulteriormente precisato in sede di discussione.

 

In particolare, l’

art. 2, comma 7, istitutivo del marchio di valorizzazione dei prodotti

agroalimentari regionali, è stato abrogato dall’art. 39, comma 2, della

legge della Regione Piemonte 4 maggio 2012, n. 5 (Legge finanziaria per

l’anno 2012).

 

L’art. 7, comma 1, che consentiva alla Regione di

autorizzare anticipazioni sui contributi spettanti agli imprenditori

agricoli, nell’ambito del regime del pagamento unico previsto dai

capitoli 1, 2, 3 e 4 del Titolo III del regolamento (CE) 19 gennaio

2009, n. 73/2009 [Regolamento del Consiglio che stabilisce norme comuni

relative ai regimi di sostegno diretto agli agricoltori nell’ambito

della politica agricola e istituisce taluni regimi di sostegno a favore

degli agricoltori, e che modifica i regolamenti (CE) n. 1290/2005, (CE)

n. 247/2006, (CE) n. 378/2007 e abroga il regolamento (CE) n.

1782/2003], è stato sostituito dall’art. 39, comma 3, della legge reg.

Piemonte n. 5 del 2012.

 

Risulta inoltre abrogata, dall’art. 40 di

quest’ultima legge, l’intera legge della Regione Piemonte 4 settembre

1996, n. 70 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e

per il prelievo venatorio), e con essa anche l’art. 29-bis, introdotto

dall’art. 8, comma 2, della legge reg. Piemonte n. 10 del 2011, oggetto

di impugnazione.

 

2.1.— Occorre pertanto verificare l’incidenza del

richiamato ius superveniens sulle questioni che hanno ad oggetto le

disposizioni regionali abrogate, alla luce delle dichiarazioni rese in

udienza dalla difesa regionale circa la mancata applicazione delle

stesse nel periodo, pure relativamente breve, di vigenza.

 

Discorso

analogo vale con riferimento all’impugnato art. 7, comma 1, della legge

reg. Piemonte n. 10 del 2011, che è stato sostituito dall’art. 39,

comma 3, della legge reg. Piemonte n. 5 del 2012, dovendosi escludere

il trasferimento della questione sulla disposizione regionale

attualmente vigente. Con quest’ultima, infatti, il legislatore

regionale ha istituito un aiuto a favore degli imprenditori agricoli,

per gli esercizi finanziari 2012-2013, nell’ambito del regime de

minimis previsto dal regolamento (CE) 20 dicembre 2007, n. 1535/2007

(Regolamento della Commissione relativo all’applicazione degli artt. 87

e 88 del trattato CE agli aiuti de minimis nel settore della produzione

dei prodotti agricoli). Tale regime di aiuti si sostanzia nella

erogazione di anticipazioni finanziarie sui futuri contributi relativi

al pagamento unico di cui al regolamento (CE) n. 73/2009, spettante

agli stessi imprenditori. Diversamente, la norma censurata, nel testo

vigente al momento dell’impugnazione, consentiva alla Regione di

autorizzare l’Agenzia regionale per le erogazioni in agricoltura

(ARPEA) a corrispondere anticipazioni sui medesimi contributi,

attribuendo in tal modo all’ente territoriale una competenza che l’art.

29, paragrafo 4, del citato regolamento (CE) n. 73/2009, assegna alla

Commissione europea.

 

2.2.— Secondo quanto affermato dalla difesa

regionale in udienza, le disposizioni dianzi richiamate, oggetto di

abrogazione o sostituzione, non hanno ricevuto medio tempore

applicazione.

 

L’affermazione, che risulta plausibile in

considerazione sia della struttura delle predette norme, che implicava

ulteriori adempimenti da parte degli organi regionali, sia del periodo

relativamente breve di vigenza, consente, in conformità alla

giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 310 e n. 153

del 2011, n. 451 del 2007), di accogliere la richiesta della Regione e

dichiarare, pertanto, la cessazione della materia del contendere delle

questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto gli artt. 2,

comma 7, 7, comma 1, e 8, comma 2, della legge reg. Piemonte n. 10 del

2011.

 

3.— Residua la questione avente ad oggetto l’art. 26, comma 2,

della legge reg. Piemonte n. 10 del 2011, che ha introdotto il comma 5-

bis dell’art. 13 della legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n.

24 (Norme per la gestione dei rifiuti). Tale disposizione prevede: «La

giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente, può

consentire ai comuni montani ed ai comuni ad alta marginalità con

popolazione inferiore ai 1.500 abitanti una deroga al raggiungimento

degli obiettivi di raccolta differenziata, stabilendo i relativi

criteri e modalità».

 

Lo Stato ha impugnato la suddetta norma in

quanto avrebbe introdotto una disciplina difforme da quella contenuta

nell’art. 205, comma 1-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.

152 (Norme in materia ambientale), secondo cui le deroghe agli

obiettivi della raccolta differenziata possono essere autorizzate, su

richiesta del Comune interessato, dal Ministro dell’ambiente.

 

La

difesa regionale ha chiesto il rigetto della questione, affermando che

gli obiettivi della raccolta differenziata sono stabiliti nella

programmazione regionale, mentre la norma statale richiamata dal

ricorrente si limiterebbe a prevedere il rispetto di percentuali minime

di raccolta differenziata da parte di ciascun ambito territoriale

ottimale. Da ciò deriverebbe che la Regione potrebbe autorizzare

deroghe in favore di singoli Comuni, a patto di mantenere inalterata la

percentuale complessiva di raccolta differenziata in rapporto all’

ambito territoriale di riferimento.

 

3.1.— La questione è fondata.

 

 

Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa regionale, l’attività di

programmazione attribuita alle Regioni, per la delimitazione degli

ambiti territoriali ottimali (art. 200, comma 2, del d.lgs. n. 152 del

2006), non implica che le stesse Regioni possano autorizzare deroghe

per singoli Comuni rispetto alle percentuali di raccolta differenziata

da raggiungere. La possibilità di realizzare “compensazioni” tra le

percentuali di raccolta differenziata conseguite dai diversi Comuni all’

interno del medesimo territorio costituisce, ai sensi dell’art. 205,

comma 1-bis, del d.lgs. n. 152 del 2006, una delle modalità attraverso

cui il Comune richiedente intende conseguire gli obiettivi indicati

dall’art. 181, comma 1, del medesimo decreto. La suddetta compensazione

è quindi uno dei possibili contenuti dell’accordo di programma, che

deve essere stipulato tra Ministero dell’ambiente, Regione ed enti

locali interessati prima dell’autorizzazione alla deroga, da concedersi

da parte del Ministro dell’ambiente.

 

Per le ragioni sopra indicate,

la potestà di concedere deroghe ai Comuni, nel caso in cui non sia

realizzabile il raggiungimento degli obiettivi di raccolta

differenziata, appartiene allo Stato – titolare di competenza

legislativa esclusiva in materia di ambiente, ai sensi dell’art. 117,

secondo comma, lettera s), Cost. – e si inserisce nell’ambito di un’

attività di programmazione, che coinvolge anche la Regione. Quest’

ultima pertanto non può disciplinare unilateralmente la concessione

delle suddette deroghe, come invece stabilisce, in modo

costituzionalmente illegittimo, la norma regionale censurata.

 

per

questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

1) dichiara l’illegittimità

costituzionale dell’articolo 26, comma 2, della legge della Regione

Piemonte 11 luglio 2011, n. 10 (Disposizioni collegate alla legge

finanziaria per l’anno 2011);

 

2) dichiara cessata la materia del

contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale degli

articoli 2, comma 7, 7, comma 1, e 8, comma 2, della medesima legge

regionale n. 10 del 2011, promosse dal Presidente del Consiglio dei

ministri, in riferimento agli artt. 3, 117, primo e secondo comma,

lettera s), della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.

 

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo

della Consulta, il 18 giugno 2012.

 

F.to:

 

Alfonso QUARANTA,

Presidente

 

Gaetano SILVESTRI, Redattore

 

Gabriella MELATTI,

Cancelliere

 

Depositata in Cancelleria il 22 giugno 2012.

 

Il

Direttore della Cancelleria

 

F.to: Gabriella MELATTI