Cassazione Civile

Cass. civ., Sez. II, 01/12/2010, n. 24380
COMUNIONE E CONDOMINIO
Condominio di edifici:in genere:(nascita e scioglimento)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIOLA Roberto Michele - Presidente
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio - Consigliere
Dott. GOLDONI Umberto - Consigliere
Dott. BURSESE Gaetano Antonio - rel. Consigliere
Dott. DE CHIARA Carlo - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 9050-2005 proposto da:
ZEUS DI DELLAMORE GIANFRANCO & C SAS, in persona del socio accomandatario e legale rappresentante pro tempore G.L., D.E., GU.CA., D.G. in proprio, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G AVEZZANA 1, presso lo studio dell'avvocato BIANCHI FEDERICO ALFREDO, rappresentati e difesi dagli avvocati BERNARDINI MAURO, BARATELLI PIETRO;
- ricorrenti -
contro
(OMISSIS), in persona dell'Amministratore pro tempore Sig. T.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. CONFALONIERI 5, presso lo studio dell'avvocato COGLITORE EMANUELE, rappresentato e difeso dall'avvocato DOLCINI PIER GIUSEPPE;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 379/2004 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA, depositata il 24/02/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/10/2010 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;
udito l'Avvocato BERNARDINI Mauro, difensore dei ricorrenti che ha chiesto accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato ALBINI Carlo con delega dell'Avvocato DOLCINI Pier Giuseppe, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. m persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto del ricorso.
COMUNIONE E CONDOMINIO
Condominio di edifici:in genere:(nascita e scioglimento)
Svolgimento del processo
Con atto notificato in data 6 aprile 1992 la società Zeus di Dellamore Gianfranco & C. sas, D.G., D. E. e Gu.Ca., citavano in giudizio avanti al Tribunale di Ravenna, il Condominio (OMISSIS), per sentir dichiarare lo scioglimento del predetto condominio.
Esponevano che il cespite di loro proprietà (un albergo che occupava alcuni piani dell'immobile condominiale), sia per le proprie caratteristiche strutturali, sia per la concreta destinazione ed utilizzazione, aveva i requisiti di "edificio autonomo" ai sensi dell'art. 61 disp. att. c.c. per cui era possibile disporre lo scioglimento dell'originario condominio e la costituzione di un condominio autonomo.
Nella contumacia del Condominio convenuto e previo espletamento della CTU, l'adito Tribunale con sentenza n. 432/1996 del 23-29 aprile 1996, accoglieva la domanda attrice e dichiarava che l'immobile ad uso albergo, di proprietà degli attori, facente parte attualmente del condominio (OMISSIS) aveva caratteristiche di edificio autonomo; per cui se ne disponeva la separazione e si precisavano le parti dell'immobile originario che sarebbero rimaste parti comuni.
Avverso tale decisione ricorreva in appello il Condominio soccombente chiedendone la totale riforma; deduceva la propria carenza di legittimazione passiva nonchè la violazione delle norme di cui agli artt. 1117 e 1119 c.c. e artt. 61 e 62 disp. att. c.c., sostenendo che lo scioglimento del condominio avrebbe reso più incomodo l'uso comune, sia in quanto la separazione attuata, per la natura stessa dell'immobile e la conseguente necessità che molte delle parti rimanessero comuni, avrebbe portato ad un'autonomia soltanto amministrativa e fittizia e quindi del tutto inutile.
L'adita Corte d'Appello di Bologna emetteva una prima sentenza non definitiva (n. 226 del 28.1.2000) con la quale respingeva l'eccezione di difetto di legittimazione passiva proposta dall'appellante;
precisava inoltre che il condomino poteva essere sciolto solo se ricorressero determinati criteri e cioè: a) che l'immobile avesse potuto dividersi in parti con caratteristiche di edifici autonomi, anche se fossero rimaste comuni alcune delle cose indicate dall'art. 1117 c.c.; b) che i risultati della separazione non potevano concretizzarsi in un'autonomia solo amministrativa, dovendo invece realizzarsi un'autonomia strutturale, salvo le interferenze consentite dalla legge; c) che la separazione non poteva essere consentita ove in conseguenza della stessa si fossero verificate interferenze più gravi, interessanti la sfera giuridica propria di altri condomini, alle cui proprietà verrebbero ad imporsi limitazioni, servitù ed altri oneri di carattere reale.
Previo espletamento di CTU la stessa Corte territoriale, con sentenza n. 379/2004 depos. in 24.2.2004, in accoglimento della proposta impugnazione, ed in riforma della pronuncia impugnata, rigettava la domanda di scioglimento del condominio (OMISSIS), condannando gli appellati al pagamento delle spese del giudizio. Il giudice dell'appello, dopo aver analizzato le varie parti che componevano l'edificio in questione, concludeva che l'immobile nel suo complesso non era idoneo ad essere separato in due edifici autonomi, ostandovi alla sua divisione, sia la struttura del bene che l'esistenza di una consistente serie di cose comuni che non potevano essere giuridicamente sciolte e che, ove divise, avrebbero prodotto gravi ricadute nella sfera giuridica di altri condomini, con effetti di natura reale.
Avverso la decisione gli odierni esponenti ricorrono per cassazione sulla base di 3 mezzi; resiste con controricorso il Condomino (OMISSIS);
le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..
COMUNIONE E CONDOMINIO
Condominio di edifici:in genere:(nascita e scioglimento)
Motivi della decisione
Con il primo motivo del ricorso si deduce l'omessa e contraddittoria motivazione sugli aspetti di autonomia strutturale nonchè funzionale e gestionale del nuovo condominio risultante dallo scioglimento;
nonchè la violazione e falsa interpretazione, per gli stessi aspetti, degli artt. 61 e 62 disp. att. c.c.. Si sostiene che le due porzioni in cui è diviso l'edificio (quella alberghiera e quella residenziale, aventi in comune solo il tetto, i muri maestri e le fondamenta) sono ben distinte ed autonome per cui è ben possibile disporre la richiesta divisione del condominio de quo. La necessaria comunione di alcune parti strutturali dell'edificio non ne impedisce a loro avviso la divisione, proprio perchè - contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte - la parte dell'immobile adibita ad albergo ha la caratteristica di edificio autonomo, nel senso voluto dall'art. 66 disp. att. c.c.. Ed invero, la costruzione di cui trattasi "è peculiare, e, in esso, la destinazione e autonomia alberghiera risulta ben fondata sia nella struttura, sia nel titolo". La porzione alberghiera - come si evince dallo stesso atto d'acquisto - costituisce in effetti un ambiente a sè stante ed autosufficiente;
in definitiva per quanto riguarda scale, portoni d'ingresso, vestiboli, anditi, portici e cortili (....tolto il contenitore dato dalle fondamenta, muri maestri, tetto....) le due porzioni dell'edificio, quella alberghiera e quella residenziale, sono ben distinte ed autonome.
Con il secondo motivo del ricorso si deduce "l'omessa e contraddittoria motivazione nella considerazione delle parti dell'edificio destinate a restare comuni dopo lo scioglimento";
nonchè la violazione e falsa interpretazione, per gli stessi aspetti, degli artt. 61 e 62 disp. att. c.c.. La sentenza impugnata trascurerebbe "pressochè in blocco, gli aspetti del fabbricato e della sua destinazione e attuale conformazione, che rendono autonoma la porzione che si vuole separare", inoltre vi sono degli errori del giudice nella ricostruzione che ha operato nella fattispecie, anche con riferimento alle parti che restano o resterebbero comuni, una volta attuato lo scioglimento. A questo riguardo si sostiene che l'area scoperta, ad esempio, non sarebbe destinata all'uso comune di tutti i condomini: in base al titolo d'acquisto e dalle risultanze delle CTU, risulterebbe suddivisa in zone ognuna delle quali con una sua pressa destinazione (a parcheggio esclusivo dell'albergo, al bar, a tutti i condomini, alle aiole ecc.); le stesse osservazioni sono state fatte per la "galleria" che attraversa l'edificio (la quale, contrariamente all'assunto del Corte, non costituirebbe una parte che rimarrebbe comune dopo la separazione) e per altri impianti (fognante, autoclave, gas, acqua, Enel, TV).
Entrambe le doglianze - congiuntamente esaminate in quanto aspetti della stessa censura - sono infondate.
Invero i ricorrenti non contestano, anzi condividono, la ratio decidendi che sta a base della decisione, che, presuppone, per l'accoglimento della domanda de qua un'autonomia materiale ed anche funzionale della parte dell'edifico che si vuoi staccare dal condominio, non ravvisabile nel caso di specie. Tali criteri peraltro sono stati espressi dalla Corte territoriale con la sentenza non definitiva menzionata, che non risulta impugnata e non v'è dubbio che essi devono essere condivisi per essere conformi alla ratio delle norme in esame, in aderenza dei resto con quanto precisato in proposito da questa Corte, con una sua decisione lontana nel tempo, ma ancora puntuale e precisa nell'evidenziare i problemi posti dalla stessa normativa.
"A norma degli artt. 61 e 62 disp. att. c.c., - osserva questa Corte - lo scioglimento del condominio di un edificio o di un gruppo di edifici, appartenenti per piani o porzioni di piano a proprietari diversi, in tanto può dare luogo alla costituzione di condomini separati, in quanto l'immobile o gli immobili oggetto del condominio originario, possano dividersi in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, quand'anche restino in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dall'art. 1117 c.c..
Il tenore della norma, riferito all'espressione edifici autonomi esclude di per se che il risultato della separazione si concreti in una autonomia meramente amministrativa, giacche, più che ad un concetto di gestione, il termine 'edificiò va riferito ad una costruzione, la quale, per dare luogo alla Costituzione di più condomini, dev'essere suscettibile di divisione in parti distinte, aventi ciascuna una propria autonomia strutturale, indipendentemente dalle semplici esigenze di carattere amministrativo. La sola estensione che può consentirsi a tale interpretazione è quella prevista dall'art. 62 citato, il quale fa riferimento all'art. 1117 cod. civ. (parti comuni dell'edificio in quanto destinate in modo permanente al servizio generale e alla conservazione dell'immobile, riguardato sia ne suo complesso unitario che nella separazione di edifici autonomi).
In questo ultimo caso, l'istituzione di nuovi condomini non è impedita dalla permanenza, in comune delle cose indicate dall'art. 1117, la cui disciplina d'uso potrà formare oggetto di particolare regolamentazione riferita alle spese e agli oneri relativi. Al di fuori di tali interferenze di carattere amministrativo espressamente previste dalla legge, se la separazione del complesso immobiliare non può attuarsi se non mediante interferenze ben più gravi, interessanti la sfera giuridica propria di altri condomini, alla cui proprietà verrebbero ad imporsi limitazioni, servitù o altri oneri di carattere reale, è da escludere, in tale ipotesi che l'edificio scorporando possa avere una propria autonomia strutturale, pur essendo eventualmente autonoma la funzionalità di esso riferita alla sua destinazione e gestione amministrativa. (Cass. 18.7.1963 n. 1964).
Nella specie tale autonomia strutturale sarebbe da escludere in base alla decisiva considerazione che è stata prospettata una separazione in senso orizzontale delle unità immobiliari in proprietà esclusiva, mentre è necessaria la separazione in senso verticale, anche se in uno dei due nuovi condomini che si vengono a realizzare possono trovarsi locali di utilità comune (come portineria, alloggio del portiere, locale caldaia ecc.). In effetti la Corte territoriale ha correttamente ritenuto, sulla base dei principi suesposti, che attesa la struttura della porzione dell'immobile adibito ad albergo (che occupa solo alcuni dei dieci piani in cui si compone dell'edificio) e considerate le numerosi ed importanti parti che rimerebbero comuni dopo l'eventuale separazione, l'immobile nel suo complesso non è idoneo ad essere separato in due edifici autonomi:
"in primo luogo per poter realizzare due parti distinte, aventi ciascuno una propria autonomia strutturate, occorrerebbe far luogo ad una ragnatela di limitazioni e di servitù che, riguardando l'utilizzazione di parti comuni posti in un'unica unità costruttiva, sarebbe ben difficile costituire e disciplinare per l'avvenire. In secondo luogo - prosegue la Corte territoriale - non si vede quale autonomia strutturale potrebbero avere piani diversi di un medesimo edificio (utilizzati ad albergo,) che è stato concepito e realizzato per rimanere funzionalmente unico e che. proprio per tale ragione, è integralmente attraversato da impianti comuni e presenta manufatti comuni che non si possono dividere". "La domanda attrice - in conclusione - non poteva essere accolta ostandovi alla divisione dell'immobile sia la struttura del bene che l'esistenza di una serie di cose comuni che non possono essere giuridicamente sciolte e che, se divise, produrrebbero gravi ricadute nella sfera giuridica degli altri condomini".
Ciò posto, i ricorrenti con le menzionate censure, pur ritenendo corrette le premesse da cui è partita la Corte bolognese (non hanno invero impugnato la ratio decidendi della pronuncia), tentano di diversamente interpretare quanto è emerso dall'istruttoria circa le varie parti dell'immobile che sono e rimarrebbero comuni, in modo da poter configurare alla stregua di "edificio autonomo" quella parte dell'edificio destinato ad albergo.
Così operando in realtà essi introducono elementi di merito - inammissibili in questo giudizio - che tendono a dar una diversa lettura e valutazione delle risultanze istruttorie, in contrasto con quanto stabilito dal giudice a quo, sulla base di una corretta ed esaustiva motivazione (Cass. n. 7394 del 26.03.10).
La Corte di merito, in effetti, dopo aver precisato - come si è accennato - che la porzione utilizzata ad albergo interessa solo parte del piano terra e dell'ammezzato oltre per l'intero i piani primo e secondo, di un edificio condominiale (il condominio (OMISSIS)) di ben 10 piani fuori terra, ha in sostanza ritenuto che sia la struttura dell'immobile (concepito e realizzato per rimanere funzionalmente unico), sia le parti che rimarrebbero in comune dopo la divisione (di tale numero e rilevanza) sconsigliano la separazione dell'immobile in due edifici autonomi.
Passando all'esame del terzo motivo ed ultimo motivo, con esso l'esponente denuncia il vizio di motivazione, in relazione alla condanna alle spese processuali del grado poste per intero a carico di essi ricorrenti, che invece, a loro avviso, potevano essere compensate per ragioni di equità (l'appello invero era stato accolto, ma solo in parte). La doglianza non ha pregio. E' noto che in tema di regolamento delle spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell'opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell'ipotesi di concorso di altri giusti motivi. (Cass. n. 5386 del 05/04/2003; Cass. n. 18236/2003).
Conclusivamente il ricorso dev'essere rigettato. Le spese processuali seguono la soccombenza.
COMUNIONE E CONDOMINIO
Condominio di edifici:in genere:(nascita e scioglimento)
P. Q. M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorario, oltre spese ed accessori di legge.